Maria SS. Addolorata



Storia della Parrocchia


Edificata sul culmine di un’altura, che sporge fuori su un’ampia spianata la chiesa del calvario in grammichele, cosi detta per la sua posizione eminente, è sotto il titolo di Maria SS. Addolorata .

Dell’edificio sacro si ignorano le vicende della fondazione,ma è certo che i superstiti del terremoto del 1693 scelsero l’attuale sito elevato ,come il più adatto a mantenere la continuità con il calvario di occhiolà, anch’esso sorgente su un poggio.

In principio questa chiesa sorse nella forma di un piccolo eremo, ospitante un solo eremita, ma nel 1828, come appariva da un’iscrizione latina non più esistente, l’eremo fu trasformato nell’attuale chiesa, con annesso convento dei cappuccini di san Francesco d’Assisi.

L’eremo, come risulta da un contratto datato 27 ottobre 1764 in notar Matteo Centorbi ebbe sparutissime rendite.

Il convento fu da suor Caterina Branciforte, principessa di Butera, dotata di una considerevole stima, due salme di terra, delimitate da un ampio muro perimetrale, di cui oggi rimane solo il cortile della chiesa, dove sino a qualche decennio fa si potevano vedere alberi di aranci, di limoni, siepi di fiori, piante di sambuco, resti di antichi e solitari orti conventuali.

Questa vasta area, ricca di anfratti e grotte naturali, per quasi due secoli rimase proprietà dell’eremo, a disposizione dei frati che la coltivavano, finché, estinto l’ordine religioso, dopo l’unità d’Italia, fu prima requisita e incamerata nel demanio dello stato(1866), poi venduta.

Negli anni venti del secolo scorso i locali del convento furono adibiti a scuole elementari maschili, mentre la piccola chiesa versava in stato di abbandono e di grave dissesto, fino a quando il nuovo rettore, Sac. Salvatore Failla da Scordia, provvide alla ripitturazione e alla pavimentazione nell’anno 1928, spendendo la somma, per quei tempi ingente, di diecimila lire.

Sono rimaste nel ricordo dei più anziani le novene di Natale, celebrate di mattina, per consentire ai numerosi contadini di parteciparvi prima del lavoro nei campi.

Fu l’inizio di una vera e propria rinascita, suggellata l’anno successivo dalla consacrazione del tempio, ad opera del vescovo di Caltagirone Mons. Giovanni Bargiggia, come ancora testimonia l’iscrizione incisa nel marmo dell’altare maggiore: joanes Bargiggia Episcopus consecravit die XXI nov. MCXXI. Giovanni bargiggia vescovo la consacrò il giorno 21 novembre 1929.

Intanto la Silva o Silvia subiva un profondo cambiamento, divenendo, durante il ventennio fascista, prima riserva idrica di grammichele, con la costruzione di grandi serbatoi, poi accampamento militare durante la guerra poi campo di calcio nel dopoguerra, finché l’intera area non fu acquisita dai privati, che la vendettero in lotti, dando inizio all’edificazione di un nuovo quartiere, che crebbe a macchia d’olio intorno alla piccola chiesa.

La mole conventuale, con la sua facciata sobria e scabra, di pietra gialla, non si ergeva più solitaria, come un tempo, al termine di un’erto pendio, ma divenne il fulcro di un nuovo quartiere che, grazie a una crescita demografica intensa, iniziata dopo la fine del secondo conflitto mondiale, indusse l’autorità ecclesiastica diocesana a volere la costituzione del calvario in chiesa parrocchiale, con bolla data il 22 maggio 1970, dal vescovo Mons. Carmelo Canzoniere, il quale nel decreto di erezione, constatava che la chiesa del calvario era in posizione idealmente centrale rispetto alla zona di incremento demografico.

In tal modo si veniva incontro alle esigenze delle famiglie che ormai stabilmente vivevano nel nuovo quartiere e che, secondo un indagine effettuata nel 1998-1999, contano 582 nuclei, con 1682 componenti, di cui 1203 adulti, i restanti giovani e adolescenti.

Quel 22 maggio di trent’anni fa, non si celebrò solo la costituzione della sesta parrocchia in grammichele, ma anche il 33’ anniversario dell’ordinazione sacerdotale di un prete, don Paolo Giuseppe Altamore (1911-1986), al quale la nostra comunità fu affidata come primo pastore, e al quale oggi, rinnovellando questi fausti esordi, va la nostra gratitudine.

Parroco zelante e inflessibile, uomo d’altri tempi, per cultura ed indole, padre Altamore guidò la parrocchia per16 anni, fino alla morte, avvenuta il 13 novembre 1986, all’età di 75 anni.

Il suo sguardo severo era più eloquente di tante parole e, sentendolo predicare, con la sua figura alta dall’ambone, avresti detto che la piccola chiesa non poteva contenerlo, nei momenti in cui il tono si faceva più solenne, le braccia si tendevano.

Suo successore fu dal 1987 don Gaetano Pen-nisi, a cui subentrò nel 1993 Don Franco Attaguile, che è l’attuale parroco.

La chiesa in stile barocco, con una sola navata centrale, piuttosto angusta, ha subito nel corso del tempo radicali trasformazioni.

Nel 1884 esisteva, nel primo altare,ubicato a man destra per chi entrava, un quadro raffigurante l’Angelo custode (non più esistente); nel secondo un’ altro quadro, a pittura, intitolato a San Francesco, e, di fronte a man sinistra, un terzo contenente la tela della madonna degli ammalati (non più esistente), un quarto, il crocefisso.

Come testimoniano due documenti redatti dal pro maestro notaro canonico Giacomo Vacirca nel 1884 ( quando divenne rettore della chiesa il canonico Diego Damigella, dopo rinuncia di padre Salvatore Scollo di Licodia ) e del 1890 (quando padre Michele migliore subentrò al Canonico Salvatore Vullo), a piè dell’altare maggiore si trovava il simulacro del Cristo morto, deposto in un’urna, adornata con faldicelli di tullo con sue frangie di oro e argento.

Nella parte alta del medesimo altare maggiore si trovava una pregevole tela ad olio, forse proveniente da occhiolà, raffigurante il Cristo deposto dalla croce sulle ginocchia della vergine Madre Addolorata.

Inoltre esistevano quattro teste, due ad impasto e due in cera, rappresentanti la Madonna, San Giovanni, la Maddalena, San Francesco.

Nelle pareti della chiesa era affissa la via crucis a pittura, sopra tela, con cornici e corrispondenti croci.

Oggi la chiesa presenta quattro cappelle laterali dedicate al Sacro Cuore di Gesù, a S.Francesco d’Assisi che ottiene dalla Madonna l’indulgenza della porziuncola, tela ad olio recentemente restaurata e attribuita ai fratelli Giuseppe (1793-1866) e Francesco (1808-1882) Vaccaro, a Sant’Antonio da Padova, al Cristo morto e all’Annunciazione.

Sul soffitto si trovano dipinti (di cui si auspica un urgente restauro) eseguiti da Raffaele libertini: il Cristo nel get-semani, la Deposizione, la Madonna col bambino, Santa Elisabetta con S. Giovanni e lo Spirito Santo, S. Francesco che depone il Cristo dalla croce.

Nel prospetto principale esterno campeggia una pregevole vetrata colorata (cm.200 x 130), legata a piombo, con l’effigie dell’Addolorata, opera del maestro Rosario Leone e inaugurata il 31 maggio 1997, dopo una celebrazione eucaristica presieduta da Mons. P. stella.

Nel corso dell’anno la comunità è impegnata in due occasioni liturgiche di grande importanza: la festa dell’Addolorata e la processione del Venerdì santo.

La prima si celebra in onore della beata Vergine dei sette dolori, grazie all’impegno di un comitato, nell’ultima domenica di settembre, dopo un settenario di intensa preghiera, durante il quale si recita una coroncina in dialetto.

La processione del venerdì santo, caratterizzata da struggente solennità e mestizia, a cui partecipa grande afflusso di popolo, da sempre è stata legata, sin dalla fondazione di grammichele, alla chiesa del calvario, come dimostra il fatto che il simulacro del Cristo morto, deposto nell’urna, si trovava, in sino alla fine dell’ottocento, nell’altare maggiore di detta chiesa, sormontato dal quadro dell’addolorata.

Poiché tale antica sacra effigie andò in consunzione, fu sostituita da un’altra in carta pesta, attaccata ad una pesante tavola rettangolare di legno di noce, che, il Sac.Grosso Ledda Michele, rettore e procuratore della chiesa del calvario nel 1931, affermava essere stata donata dal fu notaro don Mariano Grosso, il quale lasciò il diritto di portarla in processione e di curarne la festa della sola confraternita delle anime purganti di San Leonardo.

Quello stesso simulacro ormai non esiste più, ma si conserva il coperchio dell’urna trasformato da padre Altamore nell’attuale mensa eucaristica, che poggia su sostegni in ferro battuto, con l’iscrizione latina “CONSVMMATVM EST”.

Negli anni quaranta si provvide alla sostituzione dell’immagine del Cristo morto con una pregevole sta tua in legno, opera dello scultore trentino stuflesser, donata dal confrate Giovanni Papale.

Ma dopo aver ricordato la storia, l’arte e la tradizione, quello che è rimasto e quello che è andato perduto, converrà non dimenticare come la comunità parrocchiale di Maria ss.Addolorata-Calvario in grammichele vive nel nostro tempo il messaggio cristiano.

I matrimoni sono per il 94,7% religiosi, mentre percentuali bassissime spettano a quelli civili(2,5%)e alle convivenze(2,7%).

Ben radicati sono i gruppi come l’azione cattolica, l’ACR, i giovanissimi, il gruppo coro per il servizio liturgico, sorto all’interno dei giovani adulti e delle giovani coppie, oltre che il gruppo famiglia adulti.

La comunità si è sempre distinta per il dinamismo, le iniziative e le attività, in cui tutti son o impegnati su vari fronti, nelle catechesi, nel canto nella preghiera, nella carità verso i più bisognosi.

Tra i gruppi che animano la parrocchia il terz’ordine francescano (femminile) è senza dubbio il più antico, dato che costituisce il retaggio, ancora vivo, dalla presenza dei frati minori osservanti.

Degna di menzione è pure la confraternita della passione (Jesù xpi Passio), fondata nel febbraio 1946, dopo un quaresimale tenuto da tre padri passionisti di mascalucia.

In occasione della festa sia di san Gabriele dell’Addolorata sia di san Paolo della croce, detti padri celebrano la messa, seguita da un incontro con i membri della confraternita.

Un pegno d’affetto ci impone di ricordare i due frutti vocazionali sbocciati nella nostra parrocchia: Roberto Garofalo, frate minore conventuale e amico indimenticabile, il quale, cresciuto in seno alla nostra comunità volle adempire la sua vocazione, scegliendo la semplicità e l’umiltà francescana, nel santuario di S.Maria della dajna in marinero (PA).

Al nostro grande dolore per la sua scomparsa, avvenuta in seguito ad un tragico incidente il 10 luglio 1995, tenta di porre rimedio la fede in Cristo morto e risorto per noi.

Nella grande famiglia delle figlie della carità compie il suo cammino vocazionale Marisa Pitrella, che ha mosso i primi passi e si è fortificata nella fede proprio nel grembo della nostra chiesa, alla cui vita ha sempre intensamente partecipato.

Giunti ormai al termine, solo l’augurio resta che la nostra comunità parrocchiale possa, in futuro, continuare il il suo cammino di fede rafforzandosi e accrescendosi ancora di più nello spirito cristiano, affinché la sua presenza nella società sia segno visibile e tangibile di testimonianza.